Paolo Macry

Va pensiero
di Paolo Macry

Ma la destra scherza col fuoco

di

Che l’arrivo a palazzo Chigi della destra fosse l’anticamera del fascismo, hanno fatto finta di crederlo soltanto le sinistre. Quello di Meloni è stato, come prevedibile, un governo conservatore, tradizionalista, securitario. Ha fatto cose buone e cose sbagliate, ma nel rispetto dello Stato di diritto e della Costituzione. Niente Predappio, niente Budapest. Con un’opposizione frammentata e priva di idee, del resto, sembrava tutto facile.

Nelle ultime settimane, tuttavia, la destra sembra che le stia sbagliando tutte. È bastato lo stress test delle elezioni europee (con metodo proporzionale) per svelarne le fragilità. Oggi la maggioranza si presenta profondamente divisa. È divisa sulle politiche economiche e fiscali. Divisa tra rigoristi di bilancio e teorici del deficit. Divisa sulla riforma Nordio tra fautori e riluttanti. Divisa perfino su Toti, impigliato nelle maglie mediatico-giudiziarie, ma difeso politicamente soltanto da Salvini. È molto divisa, peggio ancora, sulle alleanze nel futuro parlamento di Strasburgo, cioè sull’idea stessa di Europa.

Ora, che nella maggioranza convivano istanze e interessi diversi è fisiologico. E tuttavia spetterebbe alla leadership di Meloni, che ne guida il partito più importante, gestire quelle articolazioni e offrire al paese l’identità del governo. Tanto più perchè si tratta del primo governo di destra della storia repubblicana, di quella che è indubbiamente una grossa novità politica.

Ma non sta accadendo. Meloni, piuttosto, sembra sulle difensive, assediata dagli alleati. E, quando cerca di recuperare terreno, commette errori che le sono inusuali. Per dirne una, sembra voler puntare tutto sulla riforma del premierato. “O la va o la spacca”, ha detto. Quasi pregustasse un referendum sulla sua persona, più che sulla riforma. Quasi avesse dimenticato la “triste storia” di Matteo Renzi. Dopotutto anche i leader più popolari, se perdono lucidità, possono tornare a casa prima del previsto.