Paolo Macry

Va pensiero
di Paolo Macry

L’Europa divisa

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Le polemiche sul voto contrario di Giorgia Meloni alla conferma di Ursula von der Leyen sembrano soltanto la punta dell’iceberg. Quel che preoccupa è l’iceberg. E cioè le molte e laceranti divisioni che affliggono il Vecchio Continente.

Sono le divisioni politiche che le elezioni europee hanno riproposto violentemente e che vedono lo scontro frontale tra un centrosinistra maggioritario a Strasburgo (sebbene talvolta penalizzato dal voto) e una destra sempre più emarginata - o autoemarginata - dalla governance dell’Unione (sebbene spesso premiata dal voto). Sono le fin troppo note divisioni tra paesi politicamente e strutturalmente forti e paesi fragili o marginali, ovvero tra il sempiterno asse franco-tedesco e tutti gli altri. Sono le divisioni storiche (e, per certi versi, addirittura plurisecolari) tra l’Europa occidentale e l’Europa orientale. Sono le divisioni altrettanto radicate nel tempo tra il Nord dei “frugali” e il Sud delle “cicale”. Ma sono anche e soprattutto le divisioni sociologiche e culturali esistenti, all’interno degli stessi paesi, fra coloro che prosperano o quanto meno sopravvivono nel mercato del lavoro multietnico, nelle professioni legate al digitale, nel livello dei redditi familiari, nelle prospettive di mobilità sociale, nell’adesione alla globalizzazione. E, dall’altra parte, coloro che sono e si sentono esclusi da tutto questo e che agiscono di conseguenza, sviluppando ostilità nei confronti delle classi dirigenti, rifiuto della “modernità”, attitudini antagoniste aspre e talvolta violente.

Si potrebbe dire che non si tratta di novità. Che talune fratture vengono da lontano. Ma la novità è la sfida epocale - anzi le molte sfide epocali - a cui deve far fronte oggi l’Europa: l’aggressione armata di una potenza nucleare decisa a recuperare il suo impero, l’irruzione economica e militare di Pechino e Mosca nell’Africa mediterranea, la destabilizzazione del Vicino Oriente ad opera di Teheran, le tendenze neoisolazioniste degli Stati Uniti. E naturalmente la concorrenza manifatturiera e finanziaria della Cina e la sua imposizione di un mercato non libero e non liberale. Sfide mai viste prima, mai viste tutte assieme.

Nasce qui la domanda drammatica (al cui confronto i tatticismi di Strasburgo sembrano inezie). Potrà mai un’Europa così profondamente divisa difendersi da un attacco geopolitico e culturale così violento e concentrico?