Paolo Macry

Va pensiero
di Paolo Macry

Briciole di mondo

di

Hassan Nasrallah è stato eliminato. Esulta Israele (ma anche i sunniti siriani e irakeni, che ne avevano sperimentato la ferocia). É disorientata Teheran, che in Hezbollah ha il braccio armato della strategia di distruzione dello Stato ebraico. Sale l’indignazione delle comunità sciite e del “Grande Sud”. E crescono i problemi della stessa Kamala Harris, alle prese con i filopalestinesi americani. Cresce l’inquietudine di un’Europa sempre più vaso di coccio del multipolarismo geopolitico. Si interrogano le democrazie liberali. La fine di Nasrallah gioverà all’Occidente o si rivelerà un boomerang? Ridimensionerà l’Iran o lo spingerà all’avventura militare? Sarà un avvertimento per Mosca e Pechino o rinsalderà il fronte di quanti si battono contro l’egemonia atlantica?

E tuttavia, comunque la si pensi, viene da chiedersi come sia possibile che un conflitto riguardante qualche briciola del globo (trentamila km² di terre su centocinquanta milioni, venti milioni di persone su otto miliardi) riesca a mobilitare, influenzare e perfino mettere a rischio l’intero pianeta. E la risposta, forse, è che la guerra israelo-palestinese evoca storie, culture, ideologie le quali vanno ben al di là dei numeri. Quell’interminabile massacro di arabi e di ebrei diventa il simbolo di un anticolonialismo che ha radici lontane nel tempo e che oggi attinge alla crescita orgogliosa dell’Asia e dell’Africa. E diventa, non di meno, la miccia di un antisemitismo egualmente radicato nel tempo e ben più corale, introiettato, planetario di quanto si creda.