Il bipolarismo era sembrato un toccasana. Finalmente sceglieremo chi ci governa, si disse nel 1994, dopo che per decenni il sistema politico era rimasto bloccato dalla doppia conventio ad excludendum nei confronti del Pci filosovietico e della destra neofascista. Ma oggi, a fare un bilancio del bipolarismo, non si può che constatarne il fallimento. Centrodestra e centrosinistra sono state e sono coalizioni altamente disomogenee. Dapprima tenute sotto scacco da formazioni minori o addirittura da singoli deputati (chi ha memoria ricorderà il caso di Luigi Pallaro) e poi sfidate, tutte e due, dall’onda del populismo e del sovranismo.
E così stanno ancora le cose. A destra, Salvini attacca quotidianamente il suo stesso governo. A sinistra, Conte mette i bastoni tra le ruote del “campo largo”. E le distinzioni, all’interno della maggioranza e dell’opposizione, riguardano niente di meno che la collocazione internazionale del Paese, le politiche fiscali, i diritti civili, il sistema giudiziario. Di tutto e di più.
Nasce qui il problema del cosiddetto centro. Mancando la pressione di un partito che si collochi tra i due poli e che raccolga il consenso di un’opinione “moderata” (o liberale o riformista o come la si voglia chiamare), Meloni e Schlein finiscono per essere condizionate dalle componenti più radicali delle proprie coalizioni. Mentre il centro rimane orfano di rappresentanza e si rifugia nell’astensionismo o finisce per votare “il meno peggio”.
L’inadeguatezza di leader come Renzi e Calenda (ma altri se ne potrebbero citare) è clamorosa. Ha procurato un vulnus incalcolabile al Paese. Se oggi esistesse un “terzo polo” (e i commentatori sono concordi nell’accreditargli un potenziale dieci per cento), la musica sarebbe assai diversa. Le estreme non avrebbero il potere d’interdizione che hanno. E Pd e FdI sarebbero nella condizione di scegliere i propri alleati. Venendo a patti con il “terzo polo”, la sinistra potrebbe costruire un’alternativa progressista credibile. Ma anche la destra, venendo a patti con il “terzo polo”, potrebbe costruire un grande partito conservatore.
© Paolo MacryProfessore Emerito, Federico II