Paolo Macry

Va pensiero
di Paolo Macry

Le scelte (difficili) dei vinti

di

Cosa penseranno i palestinesi di Gaza, ora che Hamas è stato ridimensionato e il suo leader ucciso? Saranno contenti in cuor loro di non essere più sotto il giogo di chi li usava come scudi umani, speranzosi in un cessate il fuoco prima impedito dalla radicale strategia antiebraica di Sinwar, pronti a riconoscere - e magari a eleggere - una classe dirigente meno disperatamente terroristica? O faranno di Sinwar il grande martire, giurando vendetta, chiedendo di essere affiliati a una nuova leva di shahid?

Questione assai complessa. Dopo la seconda guerra mondiale, non fu facile per i tedeschi abbandonare la fede nel Reich hitleriano e accettare l’occupazione di chi aveva bruciato le proprie città o stuprato le proprie donne. Nè fu facile per i giapponesi familiarizzare con chi aveva distrutto in una notte Tokio e aveva sperimentato la nuova arma su Hiroshima. Perfino in Italia, cui pure era stato riconosciuto dai vincitori un ruolo di cobelligeranza grazie a una diplomazia spregiudicata e al sangue dei partigiani, perfino in Italia non fu sempre ovvio che gli Alleati fossero i “liberatori”, nè fu sempre facile dimenticare che erano stati i loro bombardieri a seminare la morte tra la popolazione. Dopotutto la memoria non si cancella con la firma di un trattato di pace.

Oggi il governo di Israele invita i palestinesi a liberarsi politicamente, ideologicamente ed emotivamente dall’ipoteca autodistruttiva del terrorismo. Ma sarà un percorso arduo e certamente lungo, sebbene sembri il più ragionevole. La guerra rischia di continuare anche dopo Sinwar. Sul campo e, peggio, nelle menti.