La valenza propulsiva del rilancio dell’attività edilizia con la ripresa
della produzione di nuovi alloggi o ilrecupero del patrimonio edilizio esistente è nota. Già il piano Fanfani ebbe anche questa valenza. Gli interventi
nelle periferie finanziati dal Governo potranno avere questa utile
finalità.
Bisogna essere proprio ciechi o abbagliati da visioni ideologiche ormai per credere che investimenti
centrati sull’edilizia per la trasformazione dello spazio e del patrimonio
esistente determineranno un cambiamento delle condizioni di vita di milioni di
cittadini che vivono gravi condizioni di povertà o miseria urbana:scarsità di reddito, disoccupazione
strutturale, frequentazione delle reti informali e irregolari o del tutto
illecite, povertà educativa, fragilità delle reti sociali, trappole di
povertà, forti limiti alla mobilità sociale.
È facile profezia dire che con l’impostazione centrata sulle pietre, gli
investimenti saranno ben poco efficaci. Fra venti anni avremo ancora le stesse periferie in cui
sarà concentrata la sofferenza urbana, con persone più anziane, un po’ di
immigrati in più, con molti contenitori dismessi o recuperati di cui non si
saprà bene cosa fare.
Molti esperti delle amministrazioni pubbliche come del tessuto
imprenditoriale locale,
hanno imparato a costruire o restaurare contenitori ma non riescono a
pensare e attivare in modo efficace i contenuti che abitando dentro e fuori
dei contenitori dovrebbero inspessire il legame sociale, la produzione di
ricchezza, non solo in termini culturali.
Non riescono ad assumere in alcun modo un approccio place-people-based.
La riqualificazione possibile
Il finanziamento dei lavori per riqualificare lo spazio fisico può avere
senso e far crescere l’occupazione e i consumi. Ma è ormai evidente che,
assumendo una diversa impostazione, si potrebbero investire anche meno
risorse con la possibilità di conseguire risultati più efficaci.
La riflessione sulle esperienze indica già quali sono le condizioni
necessarie per sperare in una migliore efficacia degli investimenti. La
destinazione di una quota significativa di investimenti per le attività
economico sociali, con una seria implicazione della popolazione locale,
fatta anche attraverso il coinvolgimento delle associazioni meglio radicate
(non solo affiancando i movimenti di lotta), insieme all’attivazione in
ruoli apicali di esperti di social planning , cultural planning, la costituzione da subito di
dispositivi sul modello delle missioni locali di quartiere, sono attività
con costi unitari molto più contenuti che possono aggredire in modo
pertinente i problemi che scontiamo nelle periferie, che nelle città del
sud sono anche dentro la città storica. Intellettuali e decisori dovrebbero
però convincersi che
il tempo dell’architetto o dell’urbanista integrale è finito
, anche quando una tale figura ha buone intenzioni di ascolto.
Serve un’impostazione del tutto diversa che vede in campo competenze
differenti.