Serve una società regionale dei trasporti

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In una società moderna il settore dei trasporti è un fattore fondamentale tanto per lo sviluppo economico dei territori interessati e connessi tanto per la vivibilità della città da parte del popolo . Avere trasporti efficaci in grado di spostare materie prime dà la possibilità di attrarre investimenti in aree nevralgiche del Paese; ma soprattutto dare la possibilità a milioni di persone di potersi muovere e spostarsi liberamente – in un’era in cui per lavorare e svolgere attività spostarsi, specie dalle periferie, è ancora d’obbligo – è imperativo per adeguare gli standard di vita e di benessere a quelli attuali.

Per risolvere i problemi endemici che riguardano il comparto trasporti in Campania, soprattutto quelli relativi all’area metropolitana di Napoli, non si può prescindere dall’affrontare frontalmente le carenza e le diseconomie che persistono nel settore.
La nostra opinione è che occorre un’unica cabina di regia e in particolar modo un’unica società regionale – o quantomeno una società che si occupi esclusivamente dell’area metropolitana partenopea in modo da poter avere una visione globale dello stato dell’arte dei trasporti, sia su ferro che su gomma, e da lì partire per studiare interventi mirati a migliorare il servizio. E non dimentichiamo i trasporti marittimi, da e per le nostre isole del golfo, che spesso trasformano gli “ isolani” in “isolati”. Non dobbiamo e possiamo permetterlo.

Occorrono investimenti nazionali nei trasporti : nella terza area metropolitana del Paese circolano solo la metà dei mezzi che servirebbero per garantire un normale servizio in città. Si veda l’Ente Autonomo Volturno che gestisce linee come la Circumvesuviana e la Cumana e che attualmente ha in “flotta” la metà dei treni che esistevano sino a pochi anni fa, quando l’Eav veniva considerata fiore all’occhiello dei trasporti nazionali e le circum erano precursori del concetto della metropolitana provinciale.

Oggi viaggiare nei treni di Cumana e Circumvesuviana – e lo raccontano ripetutamente le cronache – è una vera e propria avventura per i pendolari. Se guardiamo a quello che dovrebbe essere il vero vanto del trasporto cittadino napoletano, la Linea 1 della metropolitana partenopea, è urgente e ormai atteso da troppo tempo la fine dei lavori su tutta la Rete prevista.

Il progetto ambizioso che collega l’aereoporto di Capodichino, la Stazione Centrale di Piazza Garibaldi e il Porto di Napoli con le principali piazze della città ha visto un’accelerata importante, ma bisogna chiuderlo in tempi brevi ; occorrono inoltre degli importanti investimenti per acquistare i treni riducendo così i tempi di attesa tra una corsa e l’altra. Da quando la linea si è allungata, i tempi oscillano dai 7 ai 20 minuti: troppo per una città che si definisce capitale europea. Sino al 2008 le risorse impiegate per il trasporto pubblico ammontavano a 1 miliardo di euro, ora sono appena 300 milioni.

Non dobbiamo inoltre dimenticare la questione lavoro: in primis, ripristinando il turn-over tra i dipendenti del settore, anche perché l’età media dei lavoratori del comparto si aggira intorno ai 58 anni. Bisogna aprire tavoli di consultazione non solo con chi i trasporti li dirige, ma anche coinvolgendo i lavoratori e – soprattutto – gli utenti finali: quei pendolari ormai stufi di disservizi, mezzi fatiscenti e attese interminabili alle pensiline o sulle banchine.

Un’ultima riflessione, ma non meno importante, bisogna dedicarla alle barriere architettoniche che ancora impediscono alle persone con disabilità motorie in determinate aree metropolitane e cittadine di accedere indipendentemente e tranquillamente ai trasporti pubblici, per l’inadeguatezza tanto dei mezzi a disposizione quanto di alcune stazioni. A Napoli e in tutta l’area regionale, chi è disabile non può usufruire né dei pullman né dei treni dell’Eav. Al giorno d’oggi, e nella terza città italiana, è assolutamente inconcepibile.

Il trasporto pubblico ritorni ad essere un trasporto di massa. Si ritorni, soprattutto, ad investire su di esso
senza le “facili tentazioni” di risolvere i problemi privatizzando il tutto – o anche solo una parte – di esso.