È l'uomo che Vincenzo De Luca ha scelto per la prima Zes d'Italia. A Gianluigi Traettino, 47 anni, presidente dell'Unione industriali di Caserta, imprenditore con interessi prevalenti nel settore delle costruzioni, la Regione Campania ha affidato la propria rappresentanza nel Comitato di indirizzo della Zona economica speciale della Campania.
Presidente, con le nomine di Roberto Rosiello e Domenico Bellobuono, la governance della Zes Campania è al completo. Quando pensa che si potrà partire?
«Azzardare una scadenza per l'avvio vero e proprio della Zona economica speciale della Campania non è così semplice. Servono i decreti di nomina ed occorre considerare la funzione operativa del governo come unico elemento attivatore».
Come si fa a rendere attrattiva una Zes? Su quali strumenti bisogna puntare in modo particolare?
«Per rendere attrattiva la Zes bisogna sburocratizzare, garantire un sistema di semplificazioni normative per chi vuole investire in Campania profondamente snello e dunque molto più efficace di quanto accade oggi».
Le imprese campane sono pronte a fare la loro parte?
«Le Zes rappresentano un grande volano di sviluppo che può essere misurato sia in un'ottica di convenienza individuale che, in prospettiva, in una visione di sistema economico complessivo. Con l'istituzione della Zes riusciremo ad aumentare la competitività della Campania, mettendoci in linea con quanto di analogo vediamo essere già presente in diverse aree portuali del Mediterraneo».
Le Zes possono garantire un rilancio per il Sud e un recupero delle aree periferiche?
«Le Zes costituiscono un'occasione da non lasciarsi sfuggire, una misura che, partendo proprio dalle aree portuali, mette in rete tutti i territori campani, elemento propulsore di sviluppo e di attrattività per investimenti anche sulle aree periferiche. Sarà importante concentrarsi sul collegamento tra investimenti produttivi e adeguatezza logistica, chiave di volta per l'efficacia delle politiche industriali e per il recupero di competitività del nostro territorio: non bastano più solo lavoro e capitali per generare produttività, ma anche competenze e connessioni».
Una Zes diffusa come quella della Campania, non concentrata in una sola area, può presentare dei problemi?
«Ritengo che un'area di 5000 ettari in cui sono compresi, oltre ai tre porti, i retroporti, gli interporti e le aree di sviluppo industriale possa diventare un grande ecosistema, capace di attrarre investimenti produttivi, superando le difficoltà di contesto che hanno sinora caratterizzato le regioni meridionali».
Qualcuno avanza dubbi sul fatto che si possano riproporre le buone sinergie tra i diversi livelli istituzionali già sperimentate tra la Regione e l'ex ministro De Vincenti: in qualità di esponente della Campania, si sente di fugare questi timori?
«Non si può non sottolineare il ruolo decisivo svolto dalla giunta regionale, e in particolare dall'ex assessore Amedeo Lepore, con la collaborazione dell'ex ministro per il Mezzogiorno De Vincenti. Creare sinergie significa creare un sistema nel quale non ci sono solo vantaggiosi incentivi per chi vuole investire sul territorio, ma una vera e propria visione di sviluppo. Per il successo di questo nuovo strumento di politica industriale sarà necessario un grande lavoro di squadra, che coinvolga istituzioni, imprenditori, forze sociali, operatori finanziari».
Esiste il rischio che qualcuno prenda i benefici e vada via? Se sì, come si evita?
«Catturando il valore che la Zes potrà generare a beneficio dell'intera comunità. L'abilità consiste tanto nel creare quanto nell'attrarre e mantenere all'interno del territorio regionale i fattori rilevanti per il suo sviluppo sostenibile. Occorre da una parte supportare le attività produttive che generano valore aggiunto e dall'altro custodire all'interno del territorio regionale l'intero patrimonio di conoscenze e competenze: un complesso di risorse (materiali e immateriali) che determinano "condizioni di contesto" ottimali per un grande processo di sviluppo locale e internazionale».
© Davide Cerbone