Dalla fascia costiera alla sostenibilità metropolitana

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Oggi per Napoli, riscoperta meta turistica non solo per le èlite intellettuali, come nel passato, ma anche per le crescenti masse di crocieristi e turisti, il mare ha forti potenzialità di risorsa economica. 

Ma, come tutte le risorse - e la città stessa, per le sue caratteristiche, è una risorsa storico-artistica - è necessaria una gestione attenta e sostenibile. Attenta ad evitare che il turismo sia immaginato come unica risorsa sulla quale puntare, ipotesi che di fatto impoverirebbe il tessuto urbano ed economico. Sostenibile nel senso ampio del termine, ovvero sia in rapporto all’ambiente quale ecosistema che rispetto agli ulteriori rischi e distorsioni che una maggior congestione dell’area metropolitana determinerebbero.

Questo, forse, il primo punto dal quale partire, parlare di area metropolitana e non solo della Città di Napoli. Non è solo una questione di scala geografica ma di funzioni, di strozzature, di rischi e di dinamiche di trasformazione. Al di là della forte polarizzazione e concentrazione demografica e insediativa dell’area metropolitana rispetto all’intero territorio regionale campano, non va taciuto che una parte delle difficoltà della città sono dovute a periferie e zone limitrofe non sempre coinvolte nello sviluppo. Il forte divario qualitativo tra le aree centrali e una parte di quelle periferiche, rimaste come bloccate e slegate dal centro, appare in tutta evidenza già a colpo d’occhio. La conformazione morfologica della città, con i rilievi collinari che per molto tempo ne hanno concentrato lo sviluppo sul versante marittimo conserva tracce ancora oggi evidenti nelle conseguenze. Ma anche la linea costiera, potenzialmente fruibile per turismo, presenta troppe interruzioni di degrado sia verso Est che verso Ovest.

 L’attuale fase di rinnovata presenza nei flussi turistici nazionali ed internazionali potrebbe divenire, se colta, una spinta per significativi miglioramenti nella qualità urbana, attraverso una riqualificazione progressiva di zone, strade, spazi collettivi che migliori non solo l’offerta turistica ma la stessa qualità di vita dei residenti. Ampliando, sempre a scala metropolitana, la fruibilità delle fasce costiere, che dal confine con l’area casertana sino alla penisola sorrentina offrono enormi potenzialità, se si rigenerano e bonificano gli spazi, e se si garantiscono infrastrutture di spostamento rapido interne all’area metropolitana. Andrebbero recuperate e riqualificate le aree verdi, sottraendole alle discariche abusive e tossiche (es. vallone di S. Rocco e Chiaiano), con riqualificazioni che non restino orientate al mare ma si dilatino partendo da esso e si allarghino sia lungo la linea costiera che all’interno della città metropolitana.

Una città ancora “addensata” sul mare non riesce a valorizzare le risorse e presenta rischi ambientali, sociali ed economici troppo alti. Pochi dati illustrano la sua anomalia rispetto alle altre città metropolitane italiane: è la terza città metropolitana italiana per numero di abitanti; è la più piccola per superficie delle quattordici città metropolitane, ma è la prima quanto a densità abitativa. Occupa meno di un decimo della superficie della Campania, ma vi risiede la maggioranza assoluta della popolazione regionale. 

Con queste caratteristiche, è chiaro che il tema della sostenibilità e di una pianificazione degli interventi di rigenerazione che tenga conto dei rischi è fondamentale. Rischi principali già noti, sintetizzabili in poche parole, la presenza di: due aree vulcaniche attive, la sismicità, il rischio idrogeologico

Guardare al mare, quindi, quale linea di partenza (oltretutto anche essa non priva di possibili rischi), ma principalmente tenere presente la necessità di una sostenibilità che riduca i livelli di rischio e migliori la qualità della vita. Sono obiettivi possibili, in parte doverosi, basterebbe iniziare.