Le ragioni della Trasformazione tra Continuità e Rinnovamento

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L'istanza della valorizzazione e della conservazione del patrimonio urbano ed architettonico è ormai generalmente accolta dalla comunità urbana ma non ha trovato effetti attuativi pratici e progressivi nelle politiche urbane e amministrative della città.

Oggi, dopo decenni di inerzie e fallimenti, di promesse disattese e false ripartenze, occorre prenderne atto, riconoscere gli errori e intraprendere coraggiosamente la riapertura di un orizzonte nuovo, la via di un cambiamento che assuma la stessa Conservazione dei valori urbani più preziosi come tutela attiva, non più solo difensiva. 

Ciò finora è stato ostacolato da uno strumento urbanistico (la Variante Generale) già nato male e che ha trascinato con sé la vita fisica della città in una tormentata, interminabile agonia. Gli indirizzi generali della Variante avevano abbracciato - incuranti delle critiche - una visione astratta e fideistica della Pianificazione: totalizzante, vincolistica, tutta prescrittiva e dirigistica, priva di flessibilità operativa, infantile e vecchia al tempo stesso. La manovra urbanistica per Varianti successive (per dieci lunghi anni), dichiaratamente indifferente alle istanze di una moderna operante Architettura della città, rischiava di elaborare un ennesimo "Piano di carta", inattuale ed inefficace, alibi ideologico per insopportabili inerzie e ingovernabili abusivismi, a causa dello storico degrado, dell'abbandono e dell'incuria (fino alla progressiva autodistruzione) dei nostri straordinari patrimoni ambientali e architettonici, e che avrebbe portato alla svalutazione di quella grande risorsa economica, civile e culturale che è Napoli come città fisica. Una Pianificazione rivelatasi falsamente "ambientalista", perché ancora non sapeva concretamente offrire e delineare programmi e regole socialmente ed economicamente agibili di tutela attiva dei patrimoni ambientali e urbani, con chiarezza e trasparenza di scenari, semplificazioni normative e procedurali, fattori attrattivi di localizzazione di investimenti (pubblici o privati che siano) e di risorse oggi necessarie per un rilancio vero e duraturo della vita civile e produttiva. 

Il Piano per la Città Metropolitana solo recentemente si avvia alla sua redazione; ma, per un trentennio, i vizi culturali della vecchia Variante han fatto pesare ancora più negativamente una visione ‘municipalistica” troppo angusta per i problemi urbanistici della metropoli -capoluogo.

Oggi si comprende finalmente che la discriminante nella cultura urbanistica contemporanea non passa tanto tra atteggiamento "modernista" e concezioni storiciste o  pre-moderne, quanto piuttosto tra una pianificazione tutta "ideologica", astratta ed una urbanistica come concreto governo della vita fisica della "polis", come politica delle azioni urbane concrete necessarie e legittime, della stimolazione delle sue attività e funzioni vitali, volte al riconoscimento e all'arricchimento di un valore comune che è nella Città come ambiente costruito.

Tuttavia, sulla visione della Variante Generale del 2004 (che il nuovo PUC dovrebbe superare) grava ancora una pesante ipoteca ideologica che tende a separare e contrapporre conservazione e innovazione/trasformazione: per cui tutto si conserva in un Centro storico vasto e indifferenziato, assunto come parte di valore eccellente, mentre si allontana la trasformazione in altre aree di fatto ritenute di minor valore urbano. Fallita persino la mission del Piano di Gestione del Centro Storico UNESCO, il nuovo Piano Urbanistico Comunale dovrà ora misurarsi con la irrisolta questione della rigenerazione e del rilancio della qualità urbana senza approssimazioni semplicistiche e senza atteggiamenti totalizzanti o integralistici che ne hanno finora mortificato l'eccezionale ricchezza e complessità di significati che esso ancora detiene.

In altre sedi, (a partire dalle “Osservazioni sulla Variante per il Centro storico” a suo tempo da me consegnate alla Commissione Urbanistica) ho svolto e pubblicato analiticamente il discorso che ha posto la necessità e la legittimità degli Ambiti di trasformazione entro le cui regole attuative un adeguato progetto contemporaneo di architettura può dispiegare il suo effetto di attribuzione di qualità all’evoluzione della forma urbana. Gli “Ambiti di Trasformazione” individuati e delimitati dalla Variante Generale al Piano Regolatore di Napoli nel grande perimetro del Centro Storico - occorre ricordarlo - non sarebbero stati inseriti in quello strumento urbanistico senza un intenso e lungo dibattito tecnico ma anche teorico e politico sviluppatosi nella Commissione Urbanistica di cui ho fatto parte sin dall’inizio della manovra urbanistica e fino alla sua approvazione definitiva nel 2004. Si affermava, in sostanza, contro troppe rigidità conservative, la necessità della trasformazione anche in determinate parti della città consolidata, appunto per rendere concreto e praticabile il recupero urbano e non solo edilizio della città storica nella sua complessa articolazione.

La città storica (che la Variante estendeva come Zona omogenea da 720 fino a 1912 ettari) va certamente tutelata nel suo insieme, ma essa non è omogenea in tutte le sue parti, e la sua analisi finalizzata all'individuazione di criteri fondati e ragionevoli di intervento, diretto o indiretto, non può prescindere dalla capacità di articolazione di un giudizio sul valore urbano morfologico delle parti e non solo su quello tipologico edilizio. La stessa nozione generale di "centro storico" nella cultura urbana nasce dalla formulazione di un giudizio di valore che appartiene proprio a quella cultura della Modernità da cui nasce l'Urbanistica stessa come disciplina integrata all’Architettura. Giudizi di valore, dunque, proprio per poter articolare e differenziare le regole di intervento in aderenza alle specificità storiche differenti delle differenti parti di una città che nel tempo si è costruita più spesso nella discontinuità e nella contraddizione conflittuale piuttosto che in una tranquilla continuità. Per tali motivazioni appariva - così - necessario e legittimo, all' interno della vasta perimetrazione di Variante, individuare e stralciare delimitazioni ulteriori di aree, aggiuntive rispetto a quelle (come le “aree monumentali complesse”) già assoggettate a piano urbanistico di dettaglio (intervento indiretto), dove il criterio tipologico e la norma edilizia conseguente non sono sufficienti perché il problema che queste pongono non è edilizio ma urbano, trattandosi di parti che richiedono un compiuto e differente assetto morfologico e funzionale rispetto ai propri immediati contesti, ma a questi relazionabili  in una logica di ricomposizione architettonica - urbana. Per queste parti (che sono ai limiti della perimetrazione di Variante, ma presenti anche in smagliature interne ad essa) devono essere previsti interventi di ristrutturazione urbanistica o almeno di ristrutturazione edilizia mediante ri-costruzione, sia di iniziativa privata che mista, mediante la strumentazione legislativa e operativa già oggi disponibile.

In tante epoche, ogni volta che si poneva il dilemma tra continuità e trasformazione, la società urbana ha dovuto fare i conti con i propri problemi e i bisogni, quelli del suo tempo presente, e ha espresso delle valutazioni e dei giudizi, ha compiuto delle scelte. In ciò sta il vero dramma storico di ogni città, la storicità autentica di ogni formazione urbana, in ogni epoca.