La dj: «Pugno duro contro chi viola le regole»

Irene Ferrara, animatrice delle notti napoletane: «Ancora troppi abusi, ma non ho più paura a girare da sola»

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C'è la firma di Jovanotti, sotto il manifesto di una legione di nottambuli. Un affresco pop senza data di scadenza: «La notte è più bello, si vive meglio / Per chi fino alle cinque non conosce sbadiglio / E la città riprende fiato e sembra che dorma / E il buio la trasforma e le cambia forma / E tutto è più tranquillo, tutto è vicino / E non esiste traffico e non c'è casino», cantilenava nella sua hit «Gente della notte». Certo, forse il rapper che irruppe negli anni '90 con un'andatura dinoccolata e una scrittura disimpegnata che facevano simpatia non si era mai imbattuto in «certe notti» (eh sì, altra canzone a tema, altro inno generazionale che taglia a metà i Ninties) di Coroglio, di piazza Bellini o di Chiaia, dove di tranquillo c'è ben poco, e i padroni della sosta selvaggia amministrano ad uso privato, e con sprezzo di ogni regola, lo spazio pubblico. Eppure Irene Ferrara, una che la notte la conosce bene, assicura che da un po' di tempo a Napoli le cose sono cambiate: in meglio. A sentire lei, una delle dj più conosciute in città e tra le più attive in Italia, oggi il centro storico è «come un grande parco giochi a cielo aperto».

Come è cambiata negli ultimi dieci anni la Napoli della notte?

«Faccio questo lavoro da circa 15 anni, lavoro nei locali come organizzatrice o come dj almeno tre volte a settimana, e dico che la città è cambiata in positivo. Quando giro di notte avverto un senso di sicurezza che prima non c'era: le attività commerciali aperte sono molte di più, vedo tante persone per strada e non solo per effetto del turismo. Abito in centro e esco spesso da sola, anche a piedi. Pochi giorni fa sono tornata da Bagnoli alle 6 del mattino, sono scesa dalla metro a piazza Amedeo e ho fatto un tratto a piedi: non ho avuto neanche un po' di paura. Alcuni anni fa era impensabile, prima c'era un senso di coprifuoco già alle 3. A girare eravamo in pochi, ed erano pochi i bar aperti fino a tarda ora. Adesso il centro storico di Napoli è come un grande parco giochi».

Una città più viva è una città più sicura?

«Senz'altro. Oggi sto vivendo Napoli come vivevo Barcellona vent'anni fa. È una città molto più aperta, che ti accoglie senza giudicarti. Mi sento tranquilla, vado a diversi concerti rock anche in perfetta solitudine, e non mi è mai successo niente. Questo mi dà un senso di libertà e di spensieratezza che di notte altrove non avverto. Me lo dicono anche persone non di Napoli che sono di qua».

Sono cambiate anche le dinamiche del divertimento notturno?

«Sì, il numero di locali notturni di tutte le dimensioni è quanto meno triplicato. Ovunque trovi discoteche, piccoli bar e posti dove si fanno aperitivi sia nel centro antico che a Chiaia, le zone che frequento di solito. È aumentato anche il pubblico, che è molto trasversale, sia dal punto di vista anagrafico che sociale. Questo è dovuto anche al fatto che di sera si esce di più rispetto a 10-15 anni fa, anche durante la settimana».

Il Covid è stato uno spartiacque nelle nostre vite. Ha amplificato anche la voglia di evasione?

«Molte persone che tendevano ad isolarsi, a congelare la loro parte sociale, hanno recuperato tutto insieme. Ora ogni occasione è buona per uscire: una volta certe persone ti chiamavano per una festa privata e le rivedevi un anno dopo. Adesso mi seguono, sono più interessate, incuriosite. C'è voglia di festeggiare qualsiasi cosa, più voglia di benessere e una maggiore propensione al "carpe diem". E mentre prima si tendeva a chiudersi in gruppi di amici, oggi si avverte il bisogno di stare insieme anche a persone completamente diverse, si è aperti ad esperienze nuove. Che so, a me può capitare anche di andare a vedere uno spettacolo di teatro sperimentale, anche se non è certo la mia passione».

Chi sostiene che la scena napoletana del by night sia provinciale ha ragione?

«Devo riconoscere che qui è difficile trovare un posto dove ci sia musica bella e dove non ci sia del disagio. Da cosa dipende? Non c'è il coraggio di osare, di sperimentare, noi dj andiamo quasi sempre sul sicuro: ho trovato serate più alternative in provincia di Messina. Un po' è colpa del pubblico, che vuole sempre le stesse cose, un po' degli organizzatori, che preferiscono non rischiare. A volte sperimentano di più i baretti, perché la gente non va lì per ballare e non ci sono aspettative. Certo, ogni tanto arrivano dj stranieri di tendenza, ma è sbagliato aspettare la guest star. E nei mesi invernali la situazione peggiora: l'offerta è più limitata, i posti sono meno belli. Ed è anche il posto che ti permette di proporre cose alternative. Se i posti sono brutti e metti anche la musica brutta, è finita. In questo senso, la notte di Capodanno è quella più a rischio».

A proposito di baretti e di dj set, in alcune zone della città i residenti lamentano condizioni di invivibilità a causa della movida molesta.

«I baretti sono le alternative alle grandi discoteche che si trovano fuori mano, a Pozzuoli, a Licola, a Varcaturo. In centro non esistono più discoteche, anche se quella del baretto non è una situazione che amo per ballare: si sente male, si sta stretti e arrangiati, e soprattutto gran parte delle persone stanno lì per un altro motivo. Il problema della quiete pubblica si risolve insonorizzando bene i locali e punendo chi non lo fa. Chiudiamo chi non rispetta le regole, a molti passerà la voglia di aprire un bar».

In una città votata all'anarchia, c'è bisogno di più controlli e più sanzioni?

«Sicuramente. Servono controlli severi sugli abusi, sulla raccolta differenziata, sui costi del lavoro. Ci guadagnerebbe il Comune e ci guadagnerebbero i napoletani che vivono nelle zone della movida, ma anche gli imprenditori corretti e i lavoratori. Dj e direttori artistici vengono pagati bene, ma c'è tanta manovalanza, dai barman ai camerieri, che è sfruttata e sottopagata. Tanti gestori non pagano gli straordinari e i contributi e non osservano i regolamenti per la raccolta dei rifiuti. Di sera, strade come via Chiaia sono un immondezzaio. E dove si vendono cibo e alcool è ancora peggio, soprattutto in estate. Se si facessero rispettare le regole, starebbero tutti meglio. Lo stesso discorso vale per i controlli sugli schiamazzi per strada: se puoi bere solo dentro il locale, la gente non sta fuori a fare casino. Funziona tutto meglio, anche per il locale. Il problema sono i controlli, non la musica. Comunque adesso se giri per il centro la musica non la senti quasi più, molti si sono adeguati alle regole».

Tra gli abusivi più resistenti ci sono i taglieggiatori della sosta, che quando cala la sera, in prossimità dei locali, proliferano.

«I parcheggiatori abusivi esistono perché c'è un problema di spazi. E con l'aumento del turismo, in centro girano ancora più auto. Da residente a Santa Lucia posso testimoniare che per trovare un posto nelle strisce blu si può impiegare anche un'ora».

Ogni tanto si riparla del Centro direzionale come polo del divertimento notturno. Delocalizzare la movida può essere una soluzione?

«Lì c'è già un locale, sarebbe una buona idea. Potrebbe diventare come Bagnoli, dove prima c'era solo l'Arenile e sono nati altri dieci club che funzionano quasi tutto l'anno. Tra l'altro, il Centro direzionale sarebbe più comodo da raggiungere sia per noi napoletani che per i turisti».

Nella notte di Napoli ci sono più rischi o opportunità?

«Opportunità, assolutamente. Ripeto: non avverto più quel senso di pericolo che avvertivo prima. Giro da via Foria alla Riviera di Chiaia, passando per il centro, e mi sento tranquilla a qualsiasi ora».

Chi comanda, di notte, a Napoli?

«Bella domanda. Dico la verità, io tendo sempre a farmi i fatti miei: non puoi sapere se chi hai di fronte è in uno stato di alterazione. Ma non parlo solo di stupefacenti e alcool, qui c'è un disagio sociale ed economico diffuso, girano molti più sbandati rispetto ad altre città, gente di tutte le età. Ma quelli che mi fanno più paura sono i giovani, i ventenni. Una generazione con la quale non riesco a dialogare da nessun punto di vista, e per una come me, che ha studiato comunicazione, è un problema. Io alla loro età ascoltavo musica che ha formato i miei valori, invece questi ragazzi li vedo abbandonati a loro stessi. Campano col cellulare e per il cellulare, internet rende tutto accessibile, non c'è un filtro. Ecco perché se vedo un gruppo di ragazzini sui motorini penso che da un momento all'altro possa succedere qualcosa, e che nessuno si metterà in mezzo. D'altro canto, io sarei la prima a non farlo. Fuori agli chalet di Mergellina ci sono ragazzini di 15-16 anni che fanno paura, e il fenomeno, come ci dicono i fatti di cronaca, negli ultimi tempi si è amplificato. Come ho detto, mi rassicura il fatto di non essere mai sola per strada».

Il consumo di stupefacenti e di alcool è aumentato?

«Ne ho sempre visto tanto, troppo, in particolare tra i giovani sotto i trent'anni. Sono più incoscienti, e reggono meglio».

Il controllo da parte delle forze dell'ordine è adeguato?

«Io questo controllo non lo vedo. Vedo persone che escono dai locali a pezzi mettersi alla guida, e quasi mai vengono fermate».