Il Pnrr è la prima grande opportunità per il Sud dopo il Piano Marshall. Perciò sarebbe delittuoso perderla. Lo scenario è promettente, 235 miliardi all’Italia tra i diversi capitoli finanziari da cui è composto, di cui il 40% al Mezzogiorno. Ai quali, non va sottovalutato, ci sono da aggiungere i 56 miliardi del Piano comunitario di sostegno. Ma questa vera e propria Epifania di fondi pubblici, dell’Europa in gran parte ma anche dello Stato, non deve obnubilare le vere, storiche difficoltà con le quali si è scontrata la politica meridionalistica. Prima fra tutte l’incapacità e il ritardo di spesa, che questa volta non sono ammessi perché la perdita dei fondi non utilizzati o utilizzati male e tardi fa scattare la mannaia inesorabile della revoca. La vera sfida per il Sud è tutta qui: Regioni, Comuni, centri di spesa meridionali sono in grado di rispondere in modo puntuale a questa scommessa, o l’occasione irripetibile di un Piano di rilancio messo a punto all’indomani della pandemia sarà la solita, ennesima chance offerta all’area più debole del Paese ma miseramente naufragata? Il Pnrr non a caso parte proprio dal dotare le amministrazioni e i centri di spesa del Mezzogiorno di adeguate professionalità, con capacità di programmazione delle risorse e progettazione seria ed esecutiva degli interventi da realizzare. Il primo bando per rafforzare la PA meridionale non ha avuto i risultati sperati ma la strada è tracciata. Guai se dovessero prevalere le storiche istanze a scegliere gli “amici degli amici” piuttosto che persone giovani, competenti e in grado di svolgere il proprio ruolo.
Perché se si può dire vinta, almeno sulla carta, la battaglia per le risorse al Sud, se l’Europa ha finalmente fatto proprio il concetto che la Coesione territoriale è un valore da perseguire per riuscire a combattere nel profondo le disuguaglianze, se i grandi obiettivi strategici sono stati posti dal Piano con lucida chiarezza, è tutta da giocare la partita quando si passa dalle parole ai fatti. Per esempio, sono tutti d’accordo sul fatto che le infrastrutture, fisiche e immateriali, siano decisive per lo sviluppo, la precondizione per una crescita ordinata. Il Pnrr al Sud ne snocciola numerose, a partire da quelle dei grandi collegamenti ferroviari e viari. L’auspicio è che siano fissate regole affinché non siano sempre le tre, quattro grandi imprese di caratura internazionale a fare la parte del leone, ma questa si trasformi in un’occasione anche per l’imprenditoria che vive e opera sul territorio. Così come la rigenerazione urbana: il Superbonus la incentiva, e anche massicciamente, ma non basta se i Comuni non accompagnano questi interventi con concreti piani di risanamento e rilancio soprattutto delle periferie, coinvolgendo nella loro attuazione le istanze economiche locali. Due esempi, tra i tanti, per dimostrare che durante l’intera vigenza del Pnrr il monitoraggio dovrà essere costante e attento. Perché il rischio di deragliare è sempre dietro l’angolo.
© Emanuele ImperialiGiornalista