I borghi montani, i centri storici rurali, i paesi dell’entroterra appenninico, interessati da fenomeni di abbandono e di spopolamento e di delocalizzazione dei principali servizi (scuole, ospedali, tribunali), sono attualmente oggetto di progetti finalizzati a immettere nuovamente in circolo aree precedentemente vitali, introducendo nuovi usi dei manufatti e dei suoli, dotandoli di nuovo significato.
Visto il potenziale di sviluppo di queste aree e i costi relativi agli interventi di riqualificazione, rappresentano una “questione di interesse nazionale” e sono temi alquanto dibattuti, almeno fino alla scorsa compagine governativa.
Le “aree interne” corrispondono a circa il 60% della superficie del territorio nazionale e registrano una trasformazione epocale del paesaggio, dovuta alla modificazione della copertura del suolo, alla cessazione del pascolo e all’utilizzo di materiali alternativi alle risorse forestali.
La Strategia Nazionale per le Aree Interne, con l’obiettivo di invertire la tendenza demografica e rendere maggiormente attrattive e accessibili questi luoghi ha individuato 55 aree-progetto, di cui 4 sono situate in Campania: Alta Irpinia, Cilento Interno, Tammaro-Titerno, Vallo di Diano.
Queste aree nell’ultimo decennio hanno registrato una drammatica perdita demografica intorno e un marcato invecchiamento della popolazione. Inoltre, sono composte prevalentemente da comuni “periferici” e “ultra-periferici”, intendendo per “periferici” quelli che distano tra i 40 e i 75 minuti e per “ultra-periferici” i comuni che distano più di 75 minuti dai rispettivi poli di riferimento.
Azione chiave è quella di ripensare il costruito, che in molti casi possiede già una notevole qualità architettonica, trasformando un luogo abbandonato in un elemento generatore di una nuova aggregazione sociale, attraverso il recupero, la valorizzazione del patrimonio, il progetto dello spazio pubblico, il potenziamento dei servizi di base e dei trasporti pubblici, fino all’accoglienza di minoranze etniche.
Ovviamente la sola riqualificazione edilizia non è sufficiente a risolvere i problemi che affliggono le aree interne, ma può fungere da volano per lo sviluppo del territorio, intervenendo sulla forma urbana e permettendo di far conoscere, riscattare e connettere ai principali centri urbani questi centri rurali, in alcuni casi luoghi straordinari, carichi di un fascino arcaico. Il patrimonio rurale rappresenta forse un’ultima sfida per l’architettura, un tornare a interrogarsi sul rapporto tra architettura e paesaggio, individuo e società, città e campagna, spopolamento e immigrazione, delocalizzazione e infrastrutturazione.
Alcuni interventi realizzati nell’ultimo decennio in Irpinia, quali i borghi della Terminio-Cervialto e il borgo biologico di Cairano, riabitati dopo il recupero, sono oggi affidati a gruppi locali che li promuovono come alberghi diffusi e residenze per artisti con ritorni economici che ne permettono la manutenzione e la valorizzazione. Ma è ancora molto poco.
L’architettura contemporanea deve incoraggiare questo cambio di paradigma: i borghi dell’entroterra non devono più essere considerati come “aree fragili” o “paesaggi marginali” ma occorre disegnare per essi un nuovo ruolo nell’assetto territoriale, da connettere al potenziale offerto dalle vaste aree agricole e boschive, sfruttando l’accresciuta propensione alla mobilità, l’utilizzo delle nuove tecnologie informatiche e la possibilità di scelta tra modelli lavorativi a distanza (smart working), nonché la maggiore consapevolezza per la qualità ambientale.
Per questi motivi il progetto di recupero non può essere limitato a un ordinario rispristino dei caratteri originari dei manufatti, ma deve saper interpretare le moderne tecnologie e le esigenze della società contemporanea, mediante una ricerca-azione tesa a valorizzare il paesaggio su cui si sta operando. Ciò che precedentemente non ha funzionato, oggi viene ripensato e trasformato, intrecciando storia e innovazione tecnologica, maestranze tradizionali e architettura contemporanea, sfruttando i materiali disponibili sul territorio e introducendo nuove strategie di sostenibilità ambientale, con l’obiettivo di realizzare modelli facilmente comunicabili e quindi replicabili.