Periferìa. Per estensione, “la parte estrema e più marginale, contrapposta al centro, di uno spazio fisico o di un territorio più o meno ampio”; in particolare, e di uso più comune, “l’insieme dei quartieri di una città più lontani dal centro”.
L’indagine “Atlante delle periferie funzionali metropolitane” promossa dal MIBAC fotografava nel 2017 le periferie urbane, ossia le parti di territorio con caratteristiche “urbane” - le parti “funzionali” -, in relazione alla presenza e assenza di servizi commerciali, sociali, sanitari, turistici e culturali, di infrastrutture e riqualificazione urbana, rilevando che in molti casi le periferie delle grandi città risultano ancora luoghi, monofunzionali, in molti casi quartieri dormitorio caratterizzati dai soli servizi commerciali.
Dal 2013 i giovani architetti del gruppo G124, fondato con i proventi dell’incarico da senatore a vita di Renzo Piano, lavorano a rotazione sul tema delle periferie italiane, delle “fabbriche dei desideri”, selezionate di anno in anno per testare il metodo del “rammendo”: sei punti che possono trasformare un quartiere, anche il più degradato, in un lembo vivibile di città. Mix generazionale, economico, etnico e di conseguenza anche funzionale, servizi ed attività culturali, luoghi di incontro, trasporti pubblici, verde, cantieri leggeri, processi partecipativi.
La chiave sembra, quindi, in un quadro di spiccate diseguaglianze sociali e di diffusa monofunzionalità delle periferie italiane, quella di un definitivo superamento della tradizionale suddivisione del territorio per confini amministrativi e indici quantitativi, puntando viceversa ai reali fabbisogni di cittadini e city user e alle connesse leve per la conversione delle periferie “non urbane”, “demix”, isolate in termini di servizi, in periferie “funzionali”.
L’area metropolitana di Napoli, in generale la Campania, dispone della massima varietà dei tipi di periferie, non necessariamente lontane dai centri, soprattutto per quanto concerne il capoluogo, in cui i quartieri marginali si ritrovano nel tessuto storico urbano o immediatamente a seguire.
Così, la periferia diventa espressione di un luogo si di confine ma ancor più spesso di vero e proprio confino. Un confino non necessariamente geografico ma quasi sempre sociale, dunque esistenziale, che orienta le scelte, i comportamenti, i destini – in una parola le vite – dei loro abitanti.
Come, allora, innescare l’agognato “effetto città”?