Flussi crescenti di turisti, prevalentemente giovani, che visitano la nostra città e che vogliono tornare a vederla, tassi di occupazione alberghiera oltre il 70%, rifunzionalizzazioni ingenti a uso ricettivo degli immobili, 18 milioni di gettito da tassa di soggiorno nel 2023, notti di pernottamento che superano quelle di Firenze e Venezia danno atto che il turismo a Napoli è esploso. E al di là degli orgogli campanilisti e della gratificazione economica degli operatori, si parla ormai di overtourism.
Non si possono infatti tacere il senso di invasione che pervade ormai gli abitanti della città, la maggiore produzione di rifiuti non tempestivamente smaltiti, l’occupazione poco qualificata generata dal turismo che sicuramente non eleva il livello culturale della città, la scomparsa di uno stock immobiliare per locazioni residenziali, l’effetto sulle altre economie locali, particolarmente il commercio di prossimità e l’artigianato di tradizione.
E su quest’ultimo aspetto Nagorà si chiede cosa stia accadendo negli altri settori. Quelli che a Napoli hanno sempre avuto spazi, tradizione e riconoscimento.
L’industria, l’artigianato, i servizi e, tra questi, il commercio come stanno messi?
Il primo rapporto sull’economia della città, orgogliosamente e recentemente presentato dal Comune di Napoli, narra di una città con un tessuto di imprese vivo e dinamico ma frammentato e poco orientate ai settori a più alta specializzazione tecnologica…. Una città dove il PIL proviene innanzitutto dal settore dei servizi (87,3%) - nel quale rientrano turismo e commercio - poi dall’industria (12,3%) ed in via residuale dall’ agricoltura (0,4%).
L’industria manifatturiera – come è noto - è in calo da anni segnando la progressiva deindustrializzazione della città, che ha il suo caso esemplare nella chiusura delle aziende di produzione dell’area orientale e della fine dell’attività siderurgica dell’area occidentale. Tali attività sembrano sostituite solo in parte da un terziario, peraltro, non particolarmente innovativo o illo tempore delocalizzate nell’area metropolitana.
Il commercio, a parte la prosperità crescente del food&beverage, vive – secondo la recente fotografia di Svimez – sul nostro territorio una significativa flessione in termini di imprese attive e di occupazione particolarmente di quello al dettaglio, scalzato, qui più che altrove secondo i dati, dal fenomeno crescente delle vendite online.
Sul fronte dell’artigianato sono in evidente espansione i settori del benessere (acconciatori, estetisti e tatuatori), ma non altrettanto quelli dell’artigianato storico e di tradizione, dei capolavori sartoriali, dei guanti del Rione Sanità, delle botteghe di Spaccanapoli e San Biagio dei Librai, del corallo di Torre del Greco, dei ceramisti, gioiellieri, creatori di calzature, cravatte, e ombrelli.
Sono tutte economie importanti, che oltre a generare PIL e occupazione, conferiscono competenza creativa, unicità, eccellenza, attrattività e identità al nostro territorio.
Consapevoli che Napoli non possa vivere di solo turismo ci chiediamo se le altre attività economiche siano sufficientemente valorizzate e supportate o se occorrano azioni di protezione e di promozione. Lo chiediamo ai nostri lettori, che sempre più aumentano e contribuiscono a rendere Nagorà uno stimolante laboratorio di idee!