L’appello che è stato lanciato da cittadini ed intellettuali sul Monte Echia, e che ha raccolto oltre cento prestigiose firme in poche ore, pone un tema centrale per lo sviluppo del nostro territorio. La scelta di fondo è: continuare a discutere per avere, chissà quando, qualcosa di illusoriamente perfetto, oppure accettare ed avere in tempi rapidi qualcosa di realisticamente imperfetto?
Veniamo al caso Monte ECHIA. L’Acropoli da cui Napoli ha avuto origine è divenuta ormai la sua VERGOGNA.
Quasi cancellata alla fine dell’800 dalla colmata Chiatamone-Santa Lucia, poi massacrata e dimenticata negli del dopoguerra. Arriviamo agli Anni 2000 con il concorso voluto dal Comune per il rilancio dell’idea di Lamont Young sull’ascensore; quindi lo sventramento del masso vergine di tufo, su richiesta della Soprintendenza, per realizzare un impianto dotato di ascensori e rampa, con conseguenti problemi di staticità, sospensione dei lavori, una interdizione per l’impresa ed intanto, sul belvedere, l’abbandono di una gru pericolante per ben 5 anni.
Nel 2020, al completamento delle opere di superficie sul belvedere di sommità, agli occhi vigili degli abitanti si manifesta una difformità di altezza (30 o 60 cm a seconda di come la si calcola) del torrino ascensori rispetto agli accordi del 2016. Si muovono alcuni comitati di quartiere, con manifestazioni di sdegno di varia intensità e richieste di ripensamenti e ulteriori revisioni del progetto. Si scatenano nei teatri dei media e dei social guerre di religione focalizzate su questo dettaglio, tra conservatori integralisti e difensori di settoriali motivazioni tecniche.
Eppure appare evidente che solo l’avvio di un’azione realmente costruttiva potrà riparare il danno, sottraendo il luogo alle bulimie tecniche, alle inerzie burocratiche, alle guerre di religione per dare nuovamente dignità all’antica acropoli, guardando al futuro della città.
Insomma, non c’è dubbio alcuno che il progetto dell’ascensore sul monte Echia - culla della civiltà partenopea, luogo meraviglioso e mitologicamente affascinante - ponga un serio problema estetico. Ma quale è da oltre venti anni lo stato estetico del luogo? Oggi abbiamo un “non luogo” fatto di degrado e buio, macerie e rifiuti. Vogliamo continuare a discutere di dettagli sebbene siamo tolleranti rispetto alla sostanza? Il tempo non è una variabile indipendente nella vita delle comunità e dei singoli. Meglio oggi un luogo sacro imperfetto che tra 50 anni, forse, un luogo sacro leggermente meno imperfetto. Il sacro di oggi è profanato, recuperiamolo alla dignità. Lo scempio attuale è uno scandalo ed è la dimostrazione che per alcuni è meglio l’abbandono che la creazione qualcosa di nuovo e vivo.
Il tema dell’appello, a ben pensare, va molto oltre il caso Monte Echia. Riguarda la discussione eterna che rende morta la nostra città. Dobbiamo cambiare prospettiva e forse regole, certamente abitudini. Esiste chi decide, basta veti e controveti. Si vada avanti nelle decisioni prese. Perché nulla è peggio del degrado che determina l’immobilismo.