Napoli è una carta sporca e nessuno se ne importa.
L’affermazione non è mia, lo sapete tutti.
“Pino, posso??” gli avevo chiesto.
Celati dai Ray Ban, due occhi corvini, fissandomi incuriositi, mi avevano fatto cenno di sì con un leggero batter di ciglia.
“Ma a che ti serve ??”, domandò.
“Devo dipingere a parole Napoli” - me l’hanno chiesto – “e di parole più belle non ne conosco”.
Riecheggiando un suo vecchio album, “Vai mó”, rispose.
E’difficile immaginare che uno elegga, come propria bandiera, una carta sporca.
Eppure può accadere, se, però, della bandiera non ti interessano il perfetto taglio, la minuziosa cucitura, l’eleganza del disegno e lo sfavillio dei suoi colori, ma soltanto la sua storia, e la sua forza.
E allora, in quel caso, la bandiera, anche se scolorita, sfilacciata o strappata, mantiene, agli occhi di chi la ama, il suo fascino di vecchia signora che non rinnega, anzi esibisce, il suo glorioso passato.
La bandiera di Napoli è una carta sporca, la trovi qua e là, in un vicolo buio come a Largo di Palazzo, accanto a un Pulcinella di cartapesta o ai piedi del Cristo velato, in un bar di periferia o sotto un tavolino del Gambrinus, appallottolata in un bidone o sporcata da un ammiccante, e promettente, rossetto di donna.
Ma, stropicciata o calpestata che sia, nessuno se ne importa e la butta via, perché Napoli non chiede di essere rappresentata da una preziosa carta di Amalfi, da una gouache di Hackert o da un arazzo fiammingo.
Pure ridotta a carta sporca, Napoli non ha paura di negare il suo simbolo, perche la sua natura va oltre la sua rappresentazione e non ha bisogno di essere nobilitata da mani che ne raccolgano il vessillo.
E’per questo che non la raccolsero neppure Goethe, Dumas o i viandanti del Gran Tour che intuirono come quella carta sporca, lasciata lì, non raccolta, e saltellante, per un lieve alito di vento, da un angolo all’altro di un vicolo, non rappresentava la bruttezza, ma la vittoria della sostanza sulla forma e della libertà sull’imposizione.
Napul è na’ carta sporc’ e nisciun s’ n’import’.
© Maurizio D'AlboraSenior Partner dello Studio Legale Carnelutti di Napoli