La mobilità nell’area metropolitana di Napoli

La mobilità a Napoli è un tema centrale per lo sviluppo economico e sociale dell’ area metropolitana, una tra le prime dieci in Europa per popolazione. Diventa critico, se si osserva il suo sistema di trasporti: elevati costi operativi (in particolare per bus/km), ricavi da traffico molto contenuti, bassi livelli di produttività, scarsa soddisfazione dei cittadini (tempi imprevedibili di attesa alle fermate e spesso mezzi troppo pieni). Eppure l’area metropolitana di Napoli è partita avvantaggiata con un sistema ferro molto articolato . Cumana, Circumflegrea, Alifana (oggi MetroCampania NordEst), Circumvesuviana, Metropolitana FS, quattro funicolari e tram rappresentavano una base significativa per un razionale sviluppo per contrastare la spirale involutiva nei rapporti tra sistemi insediativi, mobilità e congestione.

A inizio anni 2000 ci sono stati segnali positivi . L’avvio di un piano dei trasporti complessivo che puntava ancora di più su sistemi su ferro, per i grandi flussi urbani, e sull’urgenza d’integrazione tra i sistemi esistenti, in linea con altre città europee. Sembrava ormai avviato il salto di qualità. Invece, abbiamo avuto contenziosi sui lavori, rischi di fallimento aziendali, scioperi e conseguentemente servizi non coerenti alle attese dei cittadini e allo sviluppo dell’area metropolitana. Il rallentamento degli investimenti in questo settore a Napoli (dopo il 2008 da oltre 1 miliardo di euro all’anno a circa 300 milioni) ha avuto un notevole impatto sulla riduzione del PIL regionale e dell’occupazione e ha determinato un allungamento dei tempi di realizzazione dei lavori. Non solo i cantieri contribuiscono alla congestione del traffico cittadino, ma alcuni nodi importanti come piazza Garibaldi non hanno ancora definito un chiaro disegno di governance tra i diversi attori presenti.

Ma perché è avvenuto tutto ciò e a cosa sono legate le speranze di “rimettere in sesto” la mobilità dell’area metropolitana? Certamente difficoltà di coordinamento tra orizzonti di breve e lungo periodo, collegate a una lunga fase d’incertezza, anche per i vari cambiamenti di direzione politica e l’applicazione di tagli per i bilanci dei Comuni e, con una certa audacia, per il settore mobilità, percentualmente più elevati di quelli realizzati in altre aree del Paese. Gli squilibri economico-finanziari delle aziende si sono fatti subito sentire. Il parco mezzi su gomma e il materiale rotabile, già in parte vetusto (a Napoli l’età media dei treni delle metro è di quasi venti anni, inclusi i revamping), non è stato rinnovato nei tempi e quindi non è stato più in grado di soddisfare la domanda dei cittadini. Sulle tre storiche linee suburbane di Napoli vi è stato un calo dell’offerta del 30%. Nel 2010 i treni in circolazione erano 94, mentre allo stato attuale, salvo guasti, viaggiano poco più di 55 treni. Gli effetti più immediati: lo spostamento verso il privato, perdita di know how tecnico nel sistema trasporti e confusione dei ruoli tra proprietà e aziende, sempre più dipendenti dalle compensazioni economiche.

In realtà l’azienda dei trasporti fa parte di un complesso sistema che va ben di là dai confini amministrativi della propria struttura. La mancanza di sintonia delle azioni tra amministrazioni centrali, locali e aziendali, la mancanza di garanzia nella disponibilità delle risorse, i problemi urbanistici, la mancanza di scelte chiare sulle gare, la farraginosità di alcune procedure, la creazione di vere e proprie gabbie burocratiche, che non tengono conto della convenienza pubblica, sono elementi che rendono difficile soddisfare una domanda dinamica. Certo ci sono anche segnali incoraggianti di soluzione, per esempio sui contenziosi per lavori, che avevano messo in grande difficoltà imprese e gruppi del settore. Segnali positivi in termini di crescita della domanda su alcune specifiche linee (ogni giorno, oltre 150.000 passeggeri prendono la Linea 1 di ANM). Sono ripartite le gare per autobus e treni. Sono in costruzione 10,1 km di nuove metropolitane con prossime aperture.

Cosa fare? Mentre si risolvono le criticità, è necessario rimettere mano all’integrazione dei servizi di mobilità. Il concetto, tanto di “moda” di smart city, parte proprio dall’integrazione dei servizi (soprattutto di mobilità). La regolazione pubblica dei sistemi e il coordinamento basati sul mercato o sulla gerarchia/amministrazione non è sempre sufficiente: è necessario tener conto delle relazioni territoriali, tecnologiche, finanziarie, di controllo che esistono tra le aziende (Unico Campania) e le amministrazioni nello sviluppo dei processi di miglioramento dell’efficienza. Soluzioni di coordinamento attraverso aggregazioni tra operatori, spesso accolte come la soluzione, vanno seriamente verificate sulle effettive sinergie esistenti tra aziende diverse: le esperienze del passato mostrano che le economie di scala funzionano solo entro limitati ambiti di crescita, mentre normalmente si sviluppa allineamento ai costi più elevati. E’ forse tempo che le scelte politiche prendano atto che per dare un servizio ai cittadini si richiede regolarità d’azione, conciliazione tra breve e lungo periodo, capacità di sintonia tra Amministrazioni, collegamento con settori come l’urbanistica, chiarezza dei ruoli e delle competenze tecniche e manageriali di chi deve operare? E, inoltre, applicare la competizione nelle gare, come previsto dalle norme, può diventare un fattore di stimolo e di miglioramento? In conclusione ci sono a Napoli le condizioni per potere fare un salto di qualità?