TOTO NALDI, già presidente di Federalberghi Napoli e del Calcio Napoli, erede della tradizione alberghiera avviata dal nonno, l'ingegnere Roberto Fernandes, negli anni Cinquanta.
«I numeri parlano chiaro: i turisti a Napoli non vengono più soltanto da aprile a giugno e da settembre ad ottobre, come accadeva prima. Adesso si parla di un'attività che dura 9-10 mesi l'anno: un risultato eccezionale. Ha inciso molto il ministro Franceschini, con la scelta intelligente e coraggiosa di cambiare i direttori dei musei. E poi Napoli, in un momento storico in cui ci sono guerre e attentati, è percepita come un luogo tranquillo.
I motivi di preoccupazione però non mancano. Il Comune non utilizza la tassa di soggiorno per gli interventi dedicati al turismo, nonostante uno specifico protocollo d’intesa: fanno di quei soldi ciò che vogliono. E il convention bureau, nato tre anni fa grazie all'accordo tra albergatori, ristoratori, agenzie di viaggio e di turismo congressuale, è del tutto trascurato dalle istituzioni, che non ci danno una sede e neanche il contributo promesso da anni».
C'è chi sostiene che i turisti vengano a Napoli anche perché costa poco. Il posizionamento della città sul mercato sta cambiando?
«Napoli è di base una destinazione culturale. Certo, rispetto a Roma, Firenze e Venezia, costa poco, ma un po' i prezzi sono aumentati anche qui. L'importante, in ogni caso, è che da quando la spazzatura è scomparsa i tour operator hanno ripreso a pubblicizzare Napoli nel mondo. Ma c'è ancora tanto lavoro da fare. La città dovrebbe essere più pulita, con più bagni pubblici, invece da decenni ci nascondiamo dietro la scusa della Soprintendenza che non concede le autorizzazioni. Per non parlare del sottopassaggio per chi esce dalla Stazione marittima, del traffico e dei mezzi pubblici: il biglietto da visita della città insomma»
Cosa ha da imparare Napoli da Capri e Roma, dove la sua famiglia ha altri alberghi?
«Le differenze si riscontrano sul tema della sicurezza, più che sull’accoglienza. Napoli soffre molto di più la microcriminalità, strettamente collegata alla povertà e al degrado sociale di certe zone. Certo, anche a Roma certe cose succedono, ma in misura minore: è la capitale, c'è una protezione maggiore da parte delle forze dell'ordine. Capri invece è protetta dal fatto stesso di essere un'isola. Questo determina una tipologia di clientela diversa».
Se Napoli fosse più sicura, attirerebbe turisti con una capacità di spesa maggiore?
«Certamente. Per attirare un turismo di qualità bisogna garantire una città più sicura e che offra servizi migliori. E se i servizi dipendono dalle istituzioni, la sicurezza dipende anche dagli abitanti: spesso il napoletano non collabora, non denuncia: i cittadini dovrebbero fare di più la loro parte».
Manca poco più di un anno alle Universiadi e c'è ancora tanto da fare: un'occasione che rischiamo di sprecare?
«È un'occasione unica, importantissima per comunicare a un pubblico giovane che Napoli è al centro di un sistema turistico in evoluzione.
Non dobbiamo farci trovare impreparati, ho fiducia che gli attori istituzionali riusciranno ad organizzarla bene».
Intanto è ancora aperto il dibattito sull'accoglienza dei 2500 atleti…
«Un problema da risolvere presto. Non so quanto si possa utilizzare l'ex collegio Ciano, bisognerebbe sapere che tipo di interventi servono, ma se non c'è un progetto sulla sua destinazione si rischia di buttar via i soldi.
La Mostra d'Oltremare invece ha una sua identità e le Universiadi possono diventare un'occasione per rilanciarla».
C'è un fronte molto critico su questa soluzione.
«Lo so, ma se mettere le casette nella Mostra è funzionale all'evento, vanno messe. Altrimenti rischiamo di tornare al passato, quando si aprì il dibattito sui "baffi" installati sulla scogliera per le regate preliminari di Coppa America, indispensabili per realizzare un evento che ha dato visibilità internazionale alla città. Chi critica, dovrebbe anche proporre un'alternativa».
Quella di ospitare gli atleti negli alberghi è un'ipotesi impraticabile?
«Gli alberghi non riuscirebbero a soddisfare la richiesta. Una possibilità, però, potrebbe essere quella di mandare gli atleti in provincia».
Anche lo sport, dunque, può mettere benzina nel motore del turismo?
«Certo. Ogni sport ha un legame con un determinato pubblico fatto di professionisti e dilettanti, e quando si va oltre il livello regionale c'è sempre un richiamo turistico, come dimostrano tante attività realizzate a Napoli. Per cinque anni, grazie a Bassolino, ho potuto organizzare a piazza Plebiscito il Concorso ippico internazionale, poi ho organizzato ad Anacapri il Gran Premio Tiberio e ultimamente un concorso equestre in memoria di mio padre al Circolo La Staffa. In tutte le circostanze c'è stato un seguito di turisti, a dimostrazione del fatto che quando dai un messaggio chiaro e sei conosciuto la frequentazione internazionale è assicurata»