Il tempo ed il luogo: la storia è irreversibile Bagnoli e Napoli dopo oltre due secoli.
Le città si trasformano sotto la spinta di forze convergenti: costruendo
nuove funzioni urbane e connessioni con
le aree già edificate; ridisegnando funzioni e sistemi urbani sotto la
spinta della storia, che trasforma i tempi, le generazioni e le idee degli
individui che le abitano. Bagnoli, ai primi del novecento, era una landa
agricola molto lontana dalla città. Ma, nell’ultimo decennio
dell’ottocento, Napoli era molto appetibile: una popolazione più grande di
Roma e Milano, una reputazione crescente nei servizi di rete; dai trasporti
tranviari alla illuminazione, prima a gas e poi elettrica. Nitti, capo del
Governo, consolida nel 1904 questa crescita industriale, creando anche la
siderurgia, l’energia, l’industria manifatturiera e realizzando il
risanamento urbano del retro porto napoletano: affidando agli imprenditori
la gestione dei moli. Nitti rappresenta la connessione tra imprenditori
europei (inglesi, francesi, belgi e svizzeri) e forze locali che, di quel
risanamento urbano, avevano discettato per oltre venti anni. Il sindaco,
Nicola Amore, promuove la legge nel 1885 e la Società del Risanamento nasce
nel 1888. Bagnoli torna sulle cronache alla fine degli anni ottanta. La siderurgia vacilla, nasce un quinto centro siderurgico a
Taranto. Declina quello di Bagnoli e declina complessivamente la grande
area della fabbrica. Ermanno Rea racconta la dismissione, della funzione
economica che scompare, e la vita della popolazione che ne subisce la
trasformazione. Nasce Bagnoli Futura: una società per la
trasformazione urbana che presenta due handicap. I soci sono il Comune, la
Provincia e la Regione: tutti pubblici. Il cratere rimasto vuoto è un buco
nero. Il Comune e Bagnoli Futura non pensano neanche di ricucire il buco
con il quartiere, Fuorigrotta e dintorni, ed il comune, limitrofo, di
Pozzuoli. Siamo negli anni novanta e la politica di sviluppo si fa bottom
up: dal basso. Una prospettiva che si aggroviglia in una dimensione locale
degli investimenti da realizzare. Nasce la trappola di un buco nero, con
molti ombelichi, che non ha avuto successo. Ed infatti la società di trasformazione urbana è fallita e la città
rimane monca, troncata, sul lato di ponente. Una storia assolutamente
diversa dalla magistrale regia di Nitti, che capisce come la città più
grande del Sud doveva allargarsi sui pilastri delle sue forze ma anche
sulle spinte attrattive che l’Europa faceva convergere su Napoli: la
capitale perduta, che lo stesso Cavour, come Nitti, voleva trasformare in
una metropoli di cultura e tecnologia. Riuscendo, allora, a realizzare lo
scopo mentre, oggi, rimane un fallimento che si allarga nel cratere
inutilizzato. La diaspora in corso, tra un Comune senza idee di largo
respiro – che ricusa la relazione con il Governo – ed un Governo che, come
Nitti, vuole ridare una dimensione urbana al cratere di Bagnoli, è il
tavolo potenziale di questa nuova trasformazione della città. Nel frattempo
ci sono voluti decenni per fare nascere una Napoli metropolitana, che conta
oltre tre milioni di abitanti. Gli anni spesi a Bagnoli, in un fallimento,
sono irreversibili.
Ora si tratta di vedere dove, come e con quali partner non napoletani si muoveranno le forze economiche, la popolazione ed il ceto politico della Campania. Bisognerebbe trovare, per Bagnoli, la funzione di una porta da aprire sui campi flegrei e gli sviluppi ulteriori della costa di ponente, fino a Caserta ed al Lazio. Se ci saranno il modo e la capacità avremo una nuova metropoli. Non quella di Nitti, perché siamo nel secolo successivo: non cerchiamo una copia, solo un’invenzione contemporanea.