Inaugurata nell’estate nel 2015 e conclusa a novembre dello stesso anno, la sezione napoletana della mostra Pompei e l’Europa. 1748-1943 è stata promossa dalla Soprintendenza Speciale per Pompei, Ercolano e Stabia, dalla Direzione Generale del Grande Progetto Pompei, ed è stata curata da Massimo Osanna. Il progetto architettonico di allestimento all’interno della Sala della Meridiana è di Francesco Venezia che stabilisce con lo spazio della sala un rapporto singolare, creando continue interferenze tra le preesistenze e i materiali espositivi, in un dialogo spaziale e materico che definisce un nuovo racconto del luogo. Non è solo una mostra, ma è l’interpretazione di un contesto, la costruzione attenta di un’architettura che non si antepone mai a quello che espone, ma lo utilizza come parte fondamentale di una narrazione. È il racconto di Pompei, di quanto è stato riportato alla luce, ma anche di come gli artisti, pittori, scultori, fotografi, registi e architetti, sono rimasti influenzati attraverso le loro opere, in un percorso diacronico e sincronico che arriva alla contemporaneità. Una grande teca a pianta trapezoidale si inscrive nello spazio rettangolare della sala, con un interno e un esterno, il soffitto aperto che dialoga con la copertura a volta del Medrano e il taglio della Meridiana di Schiantarelli, una fascia a terra lunga ventisette metri che, attraverso un foro gnomonico (che poi ritroveremo anche nell’allestimento di Pompei) all’angolo sud-ovest della sala, consente di vedere il fascio di luce solare che, alle ore dodici di ogni giorno, penetra nella scatola espositiva e ci restituisce la misura del tempo. Una teca che è anche un muro, un muro con diverse profondità che si offre alla varietà del racconto espositivo, dai reperti archeologici, ai disegni degli scavi, alle foto d’epoca, ai quadri e alle sculture. Un palinsesto espositivo ricco e variegato, attraverso il quale Venezia utilizza l’architettura per raccontare Pompei.
Nello stesso periodo e all’interno della stessa mostra, Venezia allestisce un’altra sezione espositiva all’interno degli Scavi di Pompei. Rapiti alla morte. I calchi è il titolo di questa mostra che è stata allestita nella cavea dell’ Anfiteatro di Pompei, al centro del quale Venezia realizza una Piramide in legno, con una tessitura di rivestimento delle pareti esterne che riproduce la tettonica di una costruzione in pietra. La piramide non è posizionata esattamente al centro della cavea ma lievemente spostato sul lato lungo. Una piramide con una parte esterna egizia, e una parte interna romana con un percorso ad anello circolare che delimita lo spazio centrale, ribassato, dove sono collocati i calchi dei corpi sepolti, sorpresi dall’eruzione. Sul lato esterno del percorso circolare, Venezia allestisce sulle pareti una sequenza di immagini fotografiche, che documentano le campagne di scavo o frammenti di affreschi che, con la tecnica compositiva del ‘pastiche’ si contrappongono allo spazio centrale, il fossato dei calchi. Un gioco sapiente tra forme geometriche, materiali e colori diversi, si percepisce entrando nello spazio della piramide, coperta da una cupola bianca tagliata con un piano orizzontale non parallelo al terreno da cui, attraverso un foro gnomonico (lo stesso della Meridiana), passa un raggio di luce solare che si ricollega idealmente all’allestimento di Napoli. La forma semplice, quasi astratta della piramide esterna, il suo essere forma estrusa che emerge dal cratere dell’Anfiteatro, e che si contrappone alla complessità dello spazio interno, ai percorsi circolari, al grande spazio centrale dei calchi, ne fanno un’opera che, pur essendo realizzata come allestimento temporaneo, mostra tutta la condizione, quasi paradossale, di un edificio classico, definitivo, che va oltre il tempo breve di un’esposizione. Tra poche settimane la piramide sarà definitivamente smontata per il concerto di David Gilmour(Pink Floyd) che si terrà nel mese di luglio nell’Anfiteatro di Pompei.