Il tema del BIM e della digitalizzazione degli appalti è solo una parte di una questione più grande: quella della modernizzazione e della innovazione tecnologica nel comparto delle costruzioni. Comparto che in Italia e specie nel Mezzogiorno rappresenta una percentuale elevatissima del PIL; che oggi è ancora in crisi ma la cui ripresa può trascinare molti altri comparti. Dunque ben venga la spinta del nuovo codice degli appalti, sul quale io sono estremamente critico, ma che presenta anche aspetti – sempre a mio parere – molto positivi come la graduale introduzione del BIM. E cioè della Building Information Modeling (o Model, oppure Management, la M finale può avere varie interpretazioni).
Partendo proprio dal BIM, l’Italia è indietro nell’adozione. Al pari di molti alti paesi occidentali, ma decisamente indietro rispetto al Regno Unito, agli USA, ai Paesi arabi più sviluppati. L’introduzione in Italia non è una opzione, è una necessità per non rimanere arretrati. Che diventa poi una grande chance per i professionisti e gli imprenditori, magari di nuova generazione, che si faranno trovare pronti. La possibilità di rallentare o fermare l’avanzamento, che spesso è una tentazione italiana, non esiste e non deve avere spazio di azione: si tratterebbe di mettere il nostro Paese fuori dal mondo degli appalti europei ed internazionali. E poi, o meglio potrei dire soprattutto, rappresenta una grande occasione per rendere più efficiente ed economico il nostro settore. Qualcuno, ad esempio il Regno Unito, stima possibili risparmi dovuti alla digitalizzazione del 20%; io sono più prudente e d’accordo con stime caute dell’ordine del 6-7% che comunque rappresentano una opera in più per i cittadini, se siamo nel mondo degli appalti pubblici, ogni quindici: niente male….
Per i non addetti ai lavori, per BIM si intende una piattaforma interoperabile di lavoro, che vede al centro il modello completo del progetto e tutti i tanti attori, dall’ideazione alla progettazione, dalla realizzazione alla manutenzione, che interagiscono continuamente con il progetto stesso. Senza invece interagire fra di loro one-to-one, magari in tempi diversi. Naturalmente interagiscono in via informatica, e dunque mediante i software ad esempio delle strutture, degli impianti elettrici e meccanici, dei cronoprogrammi e dei costi, della sicurezza, della gestione, che siano in grado di dialogare fra loro con formati appropriati (formato ifc= industry foundation class). Creando cioè un modello multidimensionale e multidisciplinare, che introduca tutti gli aspetti cruciali della costruzione possibilmente dalla concezione alla demolizione. Comunque i software sono una parte importante, ma non la parte più importante. Che rimane il progetto e la capacità di comprendere bene la propria materia e sopratutto sapere dialogare con gli esperti delle altre materie dei vari professionisti della filiera. Per una vera progettazione integrata e sostenibile.
Il BIM consente di eliminare in partenza gli errori di progettazione, ad esempio le indesiderate interferenze fra struttura ed impianti: con la Clash detection il modello se ne accorge subito. Ma anche di avere in tempo praticamente reale le conseguenze progettuali, in termini di costi, in termini di cronoprogramma di qualunque variazione progettuale. E sono solo due esempi delle tante nuove possibilità.
In definitiva una grande efficienza e diminuzione dei costi. Necessarie nuove competenze delle figure professionali – e probabilmente se ne dovrà tenerne conto nelle valutazioni dei costi professionali – e risparmi per le imprese e le Pubbliche amministrazioni. E in definitiva risparmi per i cittadini. Naturalmente la parte del mondo delle costruzioni abituato a guadagnare più con le riserve e gli errori che dalle progettazioni e realizzazioni, cosi come le amministrazioni pigre o poco attente, dovranno essere marginalizzate o adattarsi.
L’introduzione dovrà essere graduale, perché tutte le parti della catena – stazioni appaltanti, progettisti, commissioni di gara, direttori dei lavori e della sicurezza, imprenditori, collaudatori, manutentori ecc – dovranno essere preparate. La catena del mondo delle costruzioni è lunga e basta il cedimento di un anello per provocare il collasso dell’intero sistema…
Il Decreto Ministeriale
La Commissione ministeriale voluta da Graziano Del Rio, di cui anche io ho l’onore di farne parte, sta preparando – e posso anticipare che è quasi completa – la bozza di decreto ministeriale, sotto l’attento ed equilibrato coordinamento dell’ing. Piero Baratono, Provveditore OO.PP. di Lombardia ed Emilia-Romagna. La gradualità dovrà consentire in tempi ragionevoli l’utilizzo del BIM da parte delle catene più efficienti, ma anche di non creare blocchi agli appalti con imposizioni non verosimili alle catene meno pronte .
Il BIM è una occasione importante di modernizzazione, anche nella ricerca e nella didattica. L’Università di Napoli Federico II se ne è resa conto da molto tempo ed ha fatto partire ricerche ed un Master – il primo nel Mezzogiorno – che ha avuto un consenso enorme . Da quest’anno 2017 il BIM si insegnerà anche nei corsi della Laurea Magistrale STREGA (Ingegneria Strutturale e Geotecnica). L’Università ed in particolare il Dipartimento di Strutture sta seguendo gli sviluppi normativi con attenzione, in particolare partecipando attivamente con propri docenti alle attività dell’UNI che sta normando le procedure. E la Federico II sta anche creando giovani imprenditori pronti ad entrare nel mondo del lavoro con i giusti strumenti, mediante spin off.
Ma il BIM è solo una parte, seppur molto importante, del processo di modernizzazione. Più in generale la modernizzazione e l’innovazione tecnologica sono essenziali in un mondo delle costruzioni che guardi al futuro. Questo è un discorso lungo e complesso e che quindi non posso affrontare in questa breve nota; deve passare per la forte interazione con altre culture, come l’informatica, l’ingegneria gestionale, la robotica, la scienza dei materiali…. E la fantasia napoletana potrà essere di grande aiuto: non è un caso che i primi pezzi in calcestruzzo costruiti con una stampante 3D siano made in Napoli, Federico II, complesso di San Giovanni a Teduccio . E lo saranno anche i primi pezzi costruiti da un robot. Ma questa storia la racconteremo in un’altra occasione ….